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Donne e lavoro

Ultimo Aggiornamento: 15/09/2006 10:01
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24/06/2006 00:52
 
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In Italia la maternità è percepita come un fatto privato


"Ad esempio - dice la Consigliera Tomassi - l’esclusione delle donne da progetti importanti; la richiesta, quasi velata, dei datori di lavoro che invitano a posticipare la scelta di maternità; comportamenti a vario titolo scorretti di questi ultimi, che arrivano a fare firmare dimissioni in bianco"

di Velo Solex


Nel 2005, in Italia, una donna su dieci è uscita dal mondo del lavoro a causa della maternità. E’ uno dei dati più critici che emergono da "Maternità, lavoro, discriminazione" (Rubettino editore, 2006), studio realizzato su incarico dell’Ufficio nazionale della Consigliera di Parità dall’ISFOL, l'Istituto per lo sviluppo della formazionale dei lavoratori.
Dice la Consigliera di Parità della Provincia di Chieti Giovina Tomassi: "E' la conferma di una situazione di svantaggio per le donne dovuta alla difficoltà di gestione della vita lavorativa e familiare. I dati presenti nella pubblicazione sono in linea con le riflessioni espresse più volte sulla situazione occupazionale delle donne nel territorio Chetino. Sono più che mai necessari strumenti di conciliazione attraverso politiche attive atte a garantire sicurezze e opportunità".

Lo studio dell'Isfol, condotto su un campione rappresentativo per area geografica di 25.000 donne di età compresa tra i 15 e 64 anni, analizza la partecipazione femminile e le transizioni nel mercato del lavoro rispetto al tema della maternità. Chiaramente emerge infatti che la maternità è dunque ancora la causa principale dell’abbandono del lavoro da parte delle donne. In particolare questi di dati resi noti dalla consigliera Tomassi: il 13,5% delle lavoratrici esce dal mercato del lavoro, momentaneamente o definitivamente, dopo la nascita di un figlio. Per le donne che continuano a lavorare dopo la maternità, fondamentale nell'aiuto la rete parentale garantita dai nonni (55,5%), seguita dai servizi del nido pubblico (17,7%) e da quello privato (11,4%). Solo il 9% dichiara di avvalersi talvolta di baby sitter. L’aiuto del partner è percepito dalle donne come occasionale (41%), ciò significa che la condivisione dei compiti all’interno della coppia ancora non è tale da favorire la permanenza delle donne sul mercato del lavoro. Il part time rappresenta uno strumento di conciliazione tipicamente femminile, per circa il 70% delle donne una scelta volontaria e definitiva. Illuminante inoltre il dato sul part time potenziale: gli uomini lo chiederebbero in futuro “per fare un altro lavoro”, le donne per “prendersi cura dei figli”.

Continua la Consigliera: "Nonostante siano in aumento la fruizione di congedi parentali da parte degli uomini e il part time maschile, il tempo libero delle donne (2h 34’), a parità di condizione familiare ed età, è sempre inferiore a quello di cui dispongono gli uomini (3h15’) per i quali le attività di cura e gestione domestica occupano una quota residuale. Solo l’11% dei padri si occupa in modo sostanziale dei propri figli in età prescolare e coloro i quali lo fanno appartengono a categorie professionali, quali impiegati ed insegnanti. Un discorso merita il Mezzogiorno, dove gli attori chiave denunciano come il sommerso rappresenti la principale forma di rientro dopo la maternità, per motivi economici e fiscali. Non si tratta più del “secondo lavoro in nero”. E’ una vera e propria occupazione full time non legale".
Ma lo studio rivela anche vere e proprie forme di mobbing. "Ad esempio - dice ancora la Consigliera Tomassi - l’esclusione delle donne da progetti importanti; la richiesta, quasi velata, dei datori di lavoro che invitano a posticipare la scelta di maternità; comportamenti a vario titolo scorretti di questi ultimi, che arrivano a fare firmare dimissioni in bianco".
Insomma, in Italia la maternità è percepita come un fatto privato cui non viene riconosciuto, al di là delle enunciazioni di principio, un valore sociale.

Fonte: www.ilpiccolodabruzzo.it del 19-06-2006

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