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CONSERVARE PER SOPRAVVIVERE

Ultimo Aggiornamento: 10/02/2009 22:18
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07/02/2009 18:01
 
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Tempo fa, esattamente il 2 settembre 2008, inoltrai una lettera al Sindaco inviandola via mail  all’indirizzo pubblicato sul sito ufficiale del comune di Casoli, ossia  info@comune.casoli.ch.it . Non ho avuto risposta, né ho saputo se sia stata letta, ma francamente ne dubito, così ho capito che benché facile, veloce e sicura, la posta elettronica non viene percepita come un potente mezzo comunicativo qual è ma, solo come qualcosa da cui facilmente ci si può sottrarre. La lettera, indirizzata al Sindaco per conoscenza, l’avevo inviata alla Soprintendenza de L’Aquila da cui a distanza di tempo ebbi risposta.
Ora voglio renderla pubblica e la riporto integralmente per sapere se, sugli argomenti in questione, c’è qualcuno che condivide le mie idee. 
 
* * *

Con questa lettera voglio porre l’attenzione su alcuni interventi svolti, o per cui sono avviate iniziative, su beni pubblici e privati che presentano le caratteristiche sufficienti per essere tutelate dal Codice dei Beni Culturali, nella cittadina di Casoli (CH). Ci tengo a precisare che la mia posizione non scaturisce da una sorta di opposizione “politica” all’Amministrazione Comunale che decide in merito o avalla iniziative di privati, ma solo dalla volontà di fare chiarezza, rivolgendomi a chi di competenza opera nel settore. Con questo obiettivo, mi pongo come semplice cittadina che ha a cuore la conservazione e tutela dell’originalità del proprio paese, caratterizzato da un particolare Centro Antico (sviluppo a spirale del percorso principale che da Piazza del Popolo conduce al Castello Ducale) e da un esteso Centro Storico (che oltre a fare da corona al nucleo antico, dalla stessa Piazza del Popolo scende e prosegue lungo Corso Umberto I fino alla chiesa di Santa Reparata), nonché come persona con un minimo di competenza in merito; pertanto, indirizzo tale lettera, alla Soprintendenza perché è l’ organo chiamato in causa, e per conoscenza all’Amministrazione Comunale per una questione di correttezza e trasparenza.
Forse guidate da un’illusoria idea di ammodernamento del paese, le iniziative “estemporanee” (che, a mio avviso, sono scempi nei fatti o nelle idee) su cui voglio porre l’accento sono le seguenti:
1) Sostituzione di una pavimentazione in ciottoli (superstite a interventi sostitutivi precedenti) con lastre di porfido nel tratto di strada antistante il Castello Ducale ovvero nella parte più antica del paese.
2) Realizzazione di un murales (insegna in mosaico), per segnalare la presenza della pescheria, sulla facciata realizzata in fasce di bugnato di mattoni di un edificio storico nei pressi di Villa San Francesco.
3) Sondaggio di opinione, promosso dall’amministrazione comunale, sulle sorti dello storico palazzo scolastico per cui si propongono 4 soluzioni (consultabile anche sul sito ufficiale del Comune).
4) Progetto di abbattimento e rifacimento nei volumi di un palazzetto prospiciente Piazza San Rocco per la realizzazione di un centro parrocchiale, su iniziativa del Parroco.

PUNTO 1)

    La motivazione con cui si è giustificata la sostituzione della pavimentazione è stata la richiesta di alcuni cittadini residenti in edifici prospicienti la strada perché ritenevano pericolosi i ciottoli che potevano indurre a scivolare. Non si è considerato, forse, che la strada è un bene pubblico che appartiene a tutti, ai cittadini che vi risiedono ed a quelli che risiedono altrove, ai cittadini odierni ed a quelli che verranno. Soprattutto, però, non si è considerato che il pavimento in ciottoli costituiva il tessuto connettivo da cui emergevano il Castello Ducale ed il tessuto edilizio costituendo insieme ad essi un tutt’organico quindi, non solo andava tutelato ma, eventualmente, anche risarcito laddove un ciottolo fosse mancante.

Il percorso precedentemente in ciottoli, partendo da largo Santa Maria Maggiore, sale raggiungendo l’ingresso al Castello Ducale caratterizzato da gradini in ciottoli (finora salvi) e prosegue nel tessuto edilizio. La sostituzione dei ciottoli con il porfido, stridendo con le superfici delle costruzioni ha prodotto una frattura nell’organismo costruttivo medievale che non sarà più recuperabile; il materiale, il colore, la forma, le dimensioni insieme con la rigida regola dispositiva degli elementi lapidei non armonizzano con tutto il resto ma, imponendosi visivamente, lo mortificano.


PUNTO 2)

      Trovo veramente piacevole il murales a cuore che saluta ed accoglie all’ingresso del paese; mentre diversi, con altre tematiche sono stati realizzati da alcuni anni su edifici del centro antico. Fintanto che il supporto sia un muro intonacato, l’iniziativa se non condivisibile è quanto meno tollerabile anche perché il ripristino della parete bianca intonacata non è difficile da riproporre  ma, la disinvoltura con cui sono stati usati i colori, in virtù di una moda dilagante, sul muro di mattoni disposti a fasce di bugnato dell’edificio della pescheria in prossimità di Piazza del Popolo, non si riesce  proprio a mandare giù. Il piccolo edificio di un solo piano, realizzato nel secondo dopoguerra, costituisce la fine della cortina che partendo da Piazza del Popolo termina in adiacenza a villa San Francesco; si presenta (ma sarebbe meglio dire si presentava) molto dignitoso nelle fattezze e discreto nell’immagine tanto da meritare una maggiore sensibilità per la sua conservazione e fruizione. Come è “decorato” attualmente non ha niente da invidiare a quei monumenti la cui dignità è stata compromessa da atti vandalici che ne hanno sporcato le superfici, fermo restando il rispetto per chi, su commissione, ha prodotto il disegno. Poiché Casoli risulta segnata in molti punti da muri in c.a. controterra, sarebbe il caso di orientare questi atti creativi sopra di essi, che, non avendo niente di storico né tantomeno di gradevole da dover tutelare, possono rappresentarne il giusto supporto, come risulta verificabile osservando il “muraglione” sotto l’ospedale civile che da poco ospita un altro murales.

L’edificio che ospita la pescheria fu realizzato nel secondo dopoguerra per arginare il terreno che in quel punto era scosceso, su di esso fu sistemato una sorta di belvedere verso valle che attualmente è utilizzato come parcheggio. La sua facciata presenta un basamento in pietra su cui si sviluppano fasce di bugnato di mattoni interrotte da bucature ad archi ribassati caratterizzati da cunei molto evidenti. Come si può vedere il disegno realizzato, non solo si scontra con la facciata ma, dalla facciata stessa, viene sminuito; pertanto un intervento che voleva essere di valorizzazione si legge come un elemento che genera una sorta di inquinamento visivo soprattutto nella percezione dell’equilibrio ritmato della facciata.


PUNTO 3)
 

Da quando l’edificio scolastico è stato dichiarato inagibile e chiuso all’uso pubblico esteso (infatti ultimamente sembra aver recuperato parte della robustezza, persa a causa della paura dovuta al crollo della scuola di San Giuliano di Puglia, ed è stato riaperto per poche associazioni che nel palazzo trovano sede) la sua sorte costituisce argomento di discussione che, ultimamente, ha alimentato una querelle tra le ipotesi proposte in un sondaggio promosso dell’amministrazione comunale:
a) Miglioramento sismico (o antisismico?) dell’edificio
b) Realizzazione di una pubblica piazza
c) Realizzazione di un edificio ex novo ed aree pubbliche
d) Miglioramento (anti)sismico con variazione della sagoma dell’edificio
Il sondaggio viene  giustificato come la scelta di una progettazione partecipata: “per la prima volta a Casoli la decisione su un intervento da realizzare passerà attraverso una pratica di democrazia partecipativa diretta, dove l’opinione dei cittadini del nostro paese orienterà l’amministrazione comunale verso la soluzione migliore per un Bene Comune importantissimo come il Palazzo Scolastico e l’area circostante”
Tra le quattro ipotesi fatte, tre (di cui una potrebbe essere la migliore) propongono la demolizione parziale o totale dell’edificio trascurando la convinzione sopra esposta che si tratta di un Bene Comune importantissimo. A parte la grande contraddizione che emerge dall’opuscolo che propaganda l’iniziativa (consultabile anche sul sito ufficiale del Comune), credo che la decisione non possa essere delegata ai cittadini, soprattutto perché esiste un organo preposto competente e se si facessero un po’ di conti, l’edificio (progettato nel 1908 e realizzato tra il 1927 ed il 1933) rientra a pieno titolo tra quelli tutelati da qualsiasi forma di intervento prima che la Soprintendenza dichiari o meno l’apposizione del vincolo. Non è condivisibile, per ovvi motivi ,  la metodica di richiedere l’opinione della Soprintendenza solo a conclusione di un sondaggio popolare, come pubblicato sul trimestrale della parrocchia “Casoli Comunità”. L’opinione dei cittadini, dando per scontato che l’edificio è da conservare, dovrebbe essere coinvolta per decidere a quale funzione pubblica destinarlo attuando quella forma di recupero nonché valorizzazione che, per attuazione di un progetto armonico ed equilibrato fa incontrare  la “vocazione” dell’edificio con le “esigenze” sociali, realizzando quella che si definisce “conservazione integrata”.
 

L’edificio scolastico visto dal Castello Ducale


PUNTO 4)
 
    Da qualche numero, il trimestrale “Casoli Comunità” parla di un centro parrocchiale da realizzarsi nell’edificio centrale prospiciente piazza San Rocco. L’iniziativa, promossa dal Parroco in seguito alla donazione di un privato di parte dello stabile, sarebbe condivisibile se il servizio venisse collocato nell’edificio rispettandolo nella sua natura e nei suoi limiti ma, l’idea ne prevede l’abbattimento e la ricostruzione di uno uguale nei volumi ma che, internamente, si presenterebbe più spazioso grazie al sistema costruttivo in c.a. L’edificio che rischia di essere demolito, è un palazzetto dagli stilemi neoclassici che si pone come conclusione di testata dell’aggregato che a destra si avvia a salire verso Piazza del Popolo, a sinistra è limitato dalla stretta via san Giacomo, in alto si chiude su via da Sole.  A parte il fatto che si tratta di un edificio storico contemplato dal Codice dei Beni Culturali, pertanto intoccabile fino alla valutazione della sovrintendenza, bisogna tenere conto anche del contesto in cui l’edificio stesso sorge. Piazza San Rocco è l’unica vera piazza di Casoli definibile tale, ossia uno spazio aperto costruito tramite un’attenta disposizione degli edifici che lo definiscono; sulla destra della piazza troviamo la piccola chiesa di San Rocco, sulla sinistra una cortina di edilizia residenziale, mentre di fronte al palazzetto si apre il Novecentesco corso Umberto I che raggiunge la chiesa di Santa Reparata; quindi la “sostituzione di un elemento costituente” ne comprometterebbe l’autenticità producendo un falso non solo dal punto di vista architettonico ma anche dal punto di vista urbanistico. La demolizione dell’edificio, inoltre, non sarebbe neppure “scusata” (perché di scusa si tratterebbe e non di motivo) da un eventuale precario stato conservativo; infatti, in tal caso l’impegno dovrebbe essere rivolto ad un intervento di restauro, non solo per conservare il palazzetto ma, per salvaguardare l’integrità del “luogo” dove sorge, ossia la piazza.

Il palazzetto con la sua facciata dagli stilemi neoclassici conclude la cortina di costruzioni e si pone come testata di termine della stessa, mettendo in evidenza la volontà di creare il fronte a Piazza San Rocco per chi arriva dalla parte a valle di Corso Umberto I. Sul lato sinistro della piazza è situata la piccola chiesa di San Rocco a fianco di cui si apre un vicolo tra il fitto tessuto edilizio, mentre il lato destro della piazza è segnato da edifici di civile abitazione. La realizzazione del progetto, prevedendo la demolizione del palazzetto per ricostruirne uno identico nell’ingombro e negli stilemi, produrrebbe un clamoroso falso storico ingiustificato.


 * * *

A proposito di piazza, tenendo conto del giusto significato della definizione, voglio porre l’accento sul lavoro di riqualificazione di un’area pubblica in contrada Selvapiana, all’inizio del bivio che conduce alla stazione ferroviaria. La valorizzazione dell’area è stata ottenuta con una perimetrazione ad andamento irregolare di parte di essa, mentre la restante è adibita a parcheggio. Lo spazio perimetrato, caratterizzato dalla presenza di uno storico cipresso, da un’opera scultorea inserita in un’aiuola, da una piccola fontana in pietra e da numerosa panchine, è stato intitolato alla memoria del filosofo Pasquale Salvucci che, figlio del capostazione, passò la giovinezza nella contrada. Benché un lato dell’area, confina con la strada nazionale n° 84, il crocevia su cui si innesta, rappresenta il centro vitale di Selvapiana, ed è molto frequentato da pedoni quindi, l’area si  vive come zona di sosta e di incontro. Da qui , probabilmente è scaturita l’idea di chiamarla piazza ma, forse, sarebbe il caso di rivedere tale definizione; e siccome per le persone che vivono il luogo, fermarsi a scambiare due chiacchiere costituisce una pausa tra le attività del quotidiano, il mio suggerimento è quello di chiamare l’area …pausa… si, proprio… pausa, “…pausa…Pasquale Salvucci - filosofo”  e per ricordare al meglio la persona a cui è intitolata, si potrebbe cogliere l’occasione e, tra le tante idee di ammodernamento inserire una ...pausa... di riflessione.

La visione, seppur parziale dell’area pubblica recintata in contrada Selvapiana, è sufficiente per capire che non può trattarsi di una piazza. Utilizzando una definizione incongrua non solo si chiama uno spazio con un nome sbagliato ma, si rischia di svuotare di significato il termine stesso che, in questo contesto, ha bisogno di essere sospeso e recuperato per un uso appropriato.

10/02/2009 10:21
 
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Cosa ti ha risposto la Soprintendenza?

Cara nadezhda, ti ringrazio per aver condiviso con noi il tuo pensiero rendendo pubblica la tua lettera inviata alla Soprintendenza e per conoscenza al Sindaco.
Dopo tutto quello che ho scritto qui su questo sito, come posso non condividere il tuo punto di vista? Per il Centro Storico abbiamo un Piano di Recupero che non viene rispettato neppure dalla pubblica amministrazione, l'esempio più clamoroso è il parcheggio in Piazza Rossetti. La pavimentazione in porfido da te segnalata è legata a questo parcheggio, poichè trattasi di progetto di completamento dello stesso, che si è esteso fino al Castello. Un ottimo recupero invece, è stato fatto circa un anno fa, in via Giannino dove la pavimentazione è tornata al suo vecchio splendore tramite il ripristino dell'acciottolato.
Anche sul palazzetto in Piazza San Rocco mi sono già espressa e alla tua esaustiva descrizione, aggiungo che non dobbiamo dimenticaci che quella casa era abitata da Cecchino Pelone, un umanista, uno studioso molto amato e apprezzato dai casolani, un uomo di grande cultura che ai nostri monumenti ci teneva in modo particolare, tant'è che nel 1949, su "Terra Madre" fu l'unico a lanciare un appello per salvare il nostro Monumento Nazionale (leggi), appello caduto nel vuoto... come anche quello di Antonino Di Giorgio (leggi) sul Centro Storico e non solo...
Anche sui murales nel Borgo dissi abbastanza a suo tempo, perchè proposi ai nostri amministratori un regolamento ed un'apposita commissione.
Ma adesso toglimi una curiosità: cosa ti ha risposto la Soprintendenza?

10/02/2009 22:18
 
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risposta... dispendiosa
Interpellai una seconda volta la soprintendenza, ma solo a proposito del referendum relativo al palazzo scolastico. La risposta fu che l'iniziativa non era in contrasto con la normativa in quanto solo consultiva, perchè prima di qualsiasi tipo di intervento sul palazzo è indispensabile il suo parere. Però credo che il referendum abbia tolto tempo, energie e fondi (benchè minimi) ad altre iniziative che potevano essere più condivise ma soprattutto più utili; non dimentichiamo che le entrate del comune sono costuituite anche dalle tasse pagate dai cittadini.
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