Censura in rete?

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Severino MIngroni
00venerdì 19 ottobre 2007 18:17
Il governo ci vuole riprovare a censurare Blog e siti

Da www.aduc.it/dyn/comunicati/comu_mostra.php?id=197537 :

19 Ottobre 2007
BAVAGLIO ALL'INFORMAZIONE VIA INTERNET. IL VIZIETTO PERPETUO DEL POTERE: LA PROPOSTA DEL GOVERNO E LA NECESSITA' DI ABOLIRE L'ORDINE DI GIORNALISTI

Firenze, 19 ottobre 2007. Il Consiglio dei ministri ha licenziato un disegno di legge che prevede l'obbligo di iscrizione ad uno speciale registro per chiunque abbia un'attivita' editoriale in Internet, dal piccolo sito al blog: "Nuova disciplina dell’editoria e delega al Governo per l’emanazione di un testo unico sul riordino della legislazione nel settore editoriale (disegno di legge 3 agosto 2007)". Quindi burocrazia, spese e, soprattutto, sanzioni penali piu' pesanti in caso di diffamazione. Secondo questo disegno, e' da intendersi come attivita' editoriale inventare e distribuire un prodotto anche senza scopo di lucro. A decidere il tutto sara' l'Autorita' per le Comunicazioni (Agcom) che ne avra' i poteri su delega della legge.
Il vizietto continua ad esser tale. Ci avevano provato nel febbraio 2002 con la legge comunitaria 2001, ma arrivarono al compromesso attualmente vigente: chi fa informazione on-line non ha l'obbligo della registrazione della testata giornalistica, a meno che non ci si voglia avvalere delle provvidenze della legge sull'editoria del 2001 (un regalo che fu fatto all'ordine dei giornalisti sancendo che non tutti hanno stessi doveri e diritti, e questi ultimi sono solo ad appannaggio di chi si prostra al potere corporativo degli ordini professionali). Ora ci riprovano anche se lo chiamano in modo diverso, ma il problema resta grosso come un macigno contro la liberta' di informazione, di lavoro e di professione, cioe' l'esistenza dell'ordine dei giornalisti a cui, in un modo o in altro, chi informa deve pagare il proprio tributo e sottostare alle loro regole. E' infatti l'ordine che alimenta l'esistenza di un mercato ipocrita del mestiere giornalistico (le gabole degli editori per far lavorare i giornalisti senza sottometterli ai pesanti contratti imposti dall'ordine, sono pane quotidiano), cosi' come condiziona, con la sua ridicola etica professionale, la circolazione delle idee. Oggi c'e' un luogo che sfugge a queste tenaglie, e' la Rete, e questo non torna in termini politici ed economici, cioe' censura e lettori che lasciano la dalla carta stampata. Ecco quindi la decisione di intervenire con questo registro di iscrizione di serie B. Crediamo che, come fu fatto nel 2002 per impedire l'arrivo dell'ordine corporativo in Rete, altrettanto, e molto di piu', andra' fatto anche questa volta.

Vincenzo Donvito, presidente Aduc
wmaster
00sabato 20 ottobre 2007 16:52
Prodi vuol tassare anche internet

di Massimiliano Scafi

«Niente censure», giura Ricardo Franco Levi tra le proteste generali, nessun controllo di Stato su internet. «Il governo- spiega il sottosegretario alla presidenza - non ha alcuna intenzione di tappare la bocca alla rete, non ne avrebbe neppure il potere. Ha soltanto varato un disegno di legge per mettere ordine al settore. Una cosa è un ragazzo che apre un sito, un’altra chi pubblica un vero prodotto editoriale». Bavagli forse, no, ma intanto bolli, carte, registri, comunicazioni al Garante delle comunicazioni: In una parola: tasse.

Ovviamente è Beppe Grillo a guidare il fronte degli scontenti. «Palazzo Chigi ha approvato un testo per tappare la bocca a internet e nessun ministro in Cdm si è dissociato. La prova? La legge Prodi-Levi prevede che chiunque abbia un sito debba metterlo sul Roc dell’autorità delle comunicazioni, produrre certificati e pagare soldi anche se non lo fa a fini di lucro. Il 99 per cento del blog chiuderebbe. Il restante 1% risponderebbe, in caso di reato, di omesso controllo e incapperebbe negli articoli 57 e 57 bis del codice penale. In pratica, galera sicura. Se questa legge passa, sarà la fine della Rete in Italia. Io sarò costretto a trasferirmi in un Paese democratico».

Levi prova a smorzare: «Noi vogliamo creare le condizioni per un mercato libero, aperto e organizzato. Censure? Controlli dall’alto? Macché. Infatti il testo prevede l’abolizione della registrazione presso i tribunali, fino ad oggi obbligatoria per qualsiasi pubblicazione, e sostituirla con una più semplice notifica presso il registro degli operatori della comunicazione tenuto dall’Agicom». Insomma, sostiene il sottosegretario, «lo spirito della legge è chiaro: quando prevediamo la registrazione non pensiamo al ragazzo che realizza un proprio sito, ma chi attraverso internet fa informazione». Certo, ammette, «siamo consapevoli che il confine è sottile e non facile da definire, ed è per questo che ci affidiamo al garante». Ma il blog di Grillo, che fine farà? «Ecco, non spetterà al governo deciderlo».

Rassicurazioni non riescono a fermare le polemiche, che arrivano soprattutto da sinistra. Antonio Di Pietro minaccia la crisi di governo. «Sto ricevendo centinaia di mail allarmate. Hanno ragione, è un disegno di legge liberticida che deve essere immediatamente bloccato. Per quel che ci riguarda non passerà mai, anche a costo di uscire dalla maggioranza». Pietro Folena, Prc, presidente della commissione Cultura della Camera, chiede che la proposta venga chiarita meglio: «Chi apre un blog non può essere considerato un editore». Roberto Villetti, capogruppo Rosa nel pugno è «contrario a tutto ciò che porta alla restrizione della libertà nella rete». Alfonso Pecoraro Scanio annuncia che i Verdi «presenteranno degli emendamenti contro l’obbligo di registrazione». Willer Bordon grida «no al bavaglio dei siti». Gianni Montesano, Pdci, dice che «non si può fermare l’acqua del mare». Il disobbediente Francesco Caruso spiega «che l’Italia non è la Birmania». E protesta persino il ds Beppe Giulietti: «Quando c’è di mezzo la libertà, e sempre meglio nessuna norma che una cattiva norma».

Fonte: www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=214472 del 20-10-2007
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